La scelta di intitolare l’aula magna a Rosario Livatino deriva, come ha affermato il dirigente scolastico, Santa Iacuzzo, dalla volontà di «onorare un servitore dello stato che proprio per essere tale è stato costretto a diventare un eroe». «Viviamo in una società – ha aggiunto la Dirigente – che ancora fatica a riconoscere la legalità come strumento di garanzia dei diritti di tutti e di ciascuno e che spesso, purtroppo, si ferma al legalismo».
L’iniziativa ha voluto legare il filo della memoria alla finalità istituzionale specifica della scuola, offrendo agli studenti un percorso di formazione anche nel segno del ricordo e della storia di un martire della nostra terra che, in un momento di grave crisi anche valoriale, può essere un esempio.
Particolarmente incisivo è stato l’intervento della dott. Maria Grazia Vagliasindi che ha sollecitato gli studenti a riflettere su alcune parole chiave quali etica, indifferentismo dello Stato, credibilità, meritocrazia, umiltà e rispetto che hanno contraddistinto la vita di Livatino come uomo e come giudice. «E’ stato un paladino dell’etica, che è qualcosa di profondamente diverso dalla legalità, che la trascende, vale a dire che è più forte» – ha detto la Presidente della Corte d’Appello, riferendosi a Livatino, ed ha aggiunto: «L’etica ha una dimensione valoriale che la legalità non ha. La legalità è fatta di regole che sono codificate, che ci provengono dall’esterno. Rosario Livatino invece aveva regole interiori, molto più forti, per le quali ha pagato in maniera molto alta, sicuramente immeritata e soprattutto non esigibile » e ha poi aggiunto: «Il giudice non può non essere un modello e lo deve essere in ogni momento della sua vita perché il giudice deve essere credibile. Come si rende credibile? Con la sua condotta di vita. Il giudice deve essere un modello della quotidianità per tutti».
Riferendosi alla foto del giudice il dott. Girardi ha definito Livatino «Un ragazzo dal viso bellissimo, un viso che solo a guardarlo fa pensare ad un santo laico» ed ha aggiunto che il messaggio del magistrato ucciso dalla mafia per noi tutti è chiaro: chi rappresenta lo Stato deve essere inattaccabile, dentro e fuori, deve essere “specchiato”.
Il sindaco di Caltanissetta ha definito la scelta di intitolare l’aula magna a Rosario Livatino “un atto di coraggio” che ci pone sulle spalle una grande responsabilità. «Ricordare Livatino – ha affermato Ruvolo – significa chiedere a noi stessi da che parte stiamo. Perché ci sono due parti: o si sta dalla parte di chi crede nelle regole e le vive ogni giorno, anche le più banali, e quindi partecipa alla costruzione del bene comune, oppure si sta dalla parte dei prepotenti, di quelli che con la forza, con la violenza, tutelano gli interessi particolari. Non esistono vie intermedie» e conclude, rivolto ai ragazzi: «coltivate sogni e non fatevi disilludere da nessuno di coloro che vi dicono che i sogni sono irraggiungibili, perché c’è chi vuole fermare i vostri sogni».
Significativo è stato anche l’intervento di don Giuseppe Livatino che ha messo in guardia i giovani dal rischio di seguire certi stili di vita proposti oggi e che portano ad una pericolosa omologazione verso il basso. Don Livatino ha accennato alle componenti “malate” presenti in questa società ed ha poi aggiunto: «c’e però anche una parte sana. La parte sana è quella che cerca ogni giorno di vivere credibilmente».
Al termine della cerimonia il dirigente scolastico ha ribadito come l’arma della cultura sia la sola che può produrre cambiamenti ed ha aggiunto: «Fare cultura in una scuola significa dare agli studenti gli strumenti per leggere e interpretare il contesto e fare delle scelte libere e consapevoli. Che questa cerimonia sia la premessa di un percorso di impegno umano, sociale, civile e culturale cui questa scuola, per essere chiamata tale, deve necessariamente tendere, con l’impegno di ciascuno di noi! »
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